P. Alfonso:
Un piano dall’eternità

Sacerdote

P. Alfonso

E’ nato il 31 maggio 1968 a Saragozza (Spagna). Ha studiato ingegneria tecnica industriale. È entrato in noviziato nel settembre del 1989. Ha studiato filosofia all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Attualmente lavora come professore ed economo del centro di noviziato della Legione di Cristo a Gozzano (NO), in Italia. È stato ordinato sacerdote il 22 dicembre 2001 nella Basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma.

Storia

Quando penso alla mia vocazione devo distinguere due aspetti: la sua origine e la sua scoperta. La mia vocazione non sorse di punto in bianco, all’improvviso. La sua scoperta mi riempì di stupore, ma guardando indietro scopro che è stato Dio ad averla preparata.


Le radici della mia vocazione si fondano chiaramente nella mia famiglia. I miei genitori ed i miei fratelli mi insegnarono ad amare Dio in modo naturale e spontaneo: le preghiere di bambino, il ringraziamento dopo la comunione, la devozione al Sacro Cuore di Gesù ed alla Madonna del Pilar. Ma soprattutto mi hanno insegnato a vedere tutto da un punto di vista cristiano e a giudicare gli avvenimenti secondo il pensiero di Dio.
Nella mia vocazione hanno influito molto anche i religiosi. Da quando ho l’uso di ragione, mi ricordo delle suore di Gesù Riparatore e, più tardi, dei fratelli del Sacro Cuore (corazonistas) che mi hanno formato fino agli inizi degli studi universitari. La loro dedizione agli alunni mi è rimasta impressa, li amavano molto e sono stati un modello per me.


Ricordo la mia prima comunione come un fatto particolarmente importante. Sì, ci furono festa e regali, ma non mi distrassero della cosa principale: la consapevolezza che stavo ricevendo Gesù nella mia anima. Mi ricordo di averlo ricevuto e di aver conversato con Lui, come mi aveva insegnato mia madre. Un giorno “celebrai” messa nell’automobile usando un messalino. Aiutavo come chierichetto in alcune messe, mi sentivo cattolico ed ero contento di esserlo.


Un fratello della scuola mi aveva chiesto se volevo diventare religioso, ma la cosa non mi interessava. Volevo formare una famiglia come quella in cui vivevo. In quel periodo mi aiutò molto la direzione spirituale di D. Salvador Moya, un sacerdote dell’Opus Dei che mi fece capire che non bastava essere cattolico, ma bisognava lavorare per diventare santo. La vocazione di mio fratello era uno stimolo per me, ma mi dicevo che ognuno doveva seguire la propria e che io non dovevo fare le sue stesse cose.
Con l’adolescenza e l’interesse nuovo per le ragazze, vedevo con più chiarezza che dovevo formare una famiglia. Mi piaceva molto una ragazza, perché l’avevo vista a messa e mi piaceva guardarla comunicarsi, cosicché cercavo di andare alla messa a cui partecipava lei ogni volta che potevo e, se lei non c’era, mi fermavo anche alla messa successiva, caso mai riuscissi a vederla.


Un giorno, il 19 marzo, festa di san Giuseppe, patrono del seminario, andai a messa due volte con la speranza di vederla. Quel giorno tutti pregavano per le vocazioni: io mi esposi al tiro di quelle preghiere. Allo stesso tempo, siccome ero molto timido, rimasi un po’ avergognato quando mi accorsi che lei mi aveva visto fare una siocchezza. Così mi ripromisi di non rivederla più. Era il momento di Dio; fino ad allora avevo passato il tempo in sogni ed immaginazioni, la mia mente era continuamente rivolta a lei, con un amore platonico. Ora che non ci pensavo più, Dio poteva entrare nella mia mente.


Dopo questo episodio, Dio lanciava fulminante il suo dardo amoroso. Il giorno dopo, andai a messa a scuola: all’altare laterale, nel momento di ricevere la comunione, una domanda insistente entrò nel mio cuore: perché non pensi di farti sacerdote? Era un appello alla mia coscienza. Sapevo che potevo diventare sacerdote: ero maschio, non sposato, cattolico… ma il fatto di poterlo essere non significava che dovessi esserlo. Ora Dio mi chiedeva amorevolmente di pensarci su. E proprio in quel momento pensai alla Legione di Cristo.


Per me è un mistero perché solo una volta avevo sentito parlare un legionario, ma posso dire che, dal primo momento in cui la scoprii, la mia vocazione si associò alla Legione. Mi stimolava la possibilità di diventare religioso e sacerdote.


Col tempo, ho capito quante cose alimentassero la mia vocazione: mi piaceva molto vedere comunicarsi quella ragazza, la guardavo con purezza e la desideravo, ma contemporaneamente Gesù Cristo dalla Sacra Ostia guardava me e mi amava; io cercavo di creare l’occasione per parlare con lei, ora era Cristo che cercava di farlo con me e mi chiedeva: “Vuoi seguirmi?” Questa riflessione mi ha aiutato sempre a vedere la mia vocazione nell’ottica dell’amore: Gesù mi ama.


Decidermi mi costò moltissimo, avevo i miei progetti. Quello che più mi spiaceva lasciare era ciò che avevo solo nella mia immaginazione, non nella realtà. Il direttore spirituale ebbe molta pazienza con me. Io non volevo pensare alla vocazione e fuggivo da ciò che me la ricordava, ma non potevo fuggire da Dio. Così, c’erano sempre mille occasioni che facevano riaffiorare la chiamata.


Ricordo che il cappellano della mia scuola, D. Daniel Diego-Madrazo, mi disse che avrebbe pregato molto perché Dio mi aprisse il cuore. Dopo alcuni mesi morì ed io so che dal cielo mantenne la sua promessa, perché in poco tempo mi decisi: facendo lettura spirituale, lessi un capitolo di “Maria di Nazaret” di Federico Suárez. Fu il colpo di grazia. Stavo fuggendo da Dio, ma se Dio mi chiamava dovevo fare la sua volontà.


Entrai nel noviziato con un po’ di rassegnazione: non potevo non fare ciò che Dio chiedeva… Lì, con la preghiera, la vita sacramentale e l’adorazione eucaristica, conobbi Cristo parlando intimamente con lui, come avevo imparato al momento della mia prima comunione, fino ad innamorarmi di Lui. Quell’amore per il quale sospirai dalla mia adolescenza si va cristallizzando nell’amore eterno per Gesù Cristo come sacerdote.